Una Lara più definita
La Definitive Edition di Tomb Raider non si propone di stravolgere l'impianto ludico del titolo originale, come vedremo più avanti, e neanche di modificarlo in maniera rilevante. Semmai tenta di migliorarlo. Il videogiocatore ritrova quindi la stessa identica avventura delle versioni PlayStation 3 e Xbox 360, arricchita però da una serie di rifiniture che non si limitano solo a un mero cambio di risoluzione. E quanto appena descritto appare evidente fin dalle prime battute del gioco. Una volta giunti sull'isola si viene inevitabilmente colpiti dallo scenario. Rispetto all'edizione originale abbiamo una maggiore profondità nell'immagine, soprattutto guardando all'orizzonte, grazie alla risoluzione nativa di 1080p che va a incidere pesantemente sulla definizione e sul dettaglio, e a una serie di ottimi effetti particellari e di luce dinamici che impreziosiscono gli ambienti, e restituiscono un mondo verosimile.
Il vento che suona fra li alberi una confusa melodia, accompagnato dallo stridio di stormi di uccelli che svolazzano nel cielo, e dalle foglie che si staccano dai rami e svolazzano nell'aria mescolandosi con il polline dei fiori, disegnando delle traiettorie irregolari prima di posarsi ai piedi di Lara. Tutto contribuisce a rendere vivi gli scenari, e viene gestito dall'engine del gioco con una certa fluidità, garantita da 60 fotogrammi al secondo quasi costanti su PlayStation 4. "Quasi" perché ogni tanto, a sensazione, nelle fasi più caotiche ci è sembrato di notare un lieve calo, ma si tratta di pochi frame e bisogna davvero essere pignoli per notarli. Il risultato finale di questa sorta di restyling è insomma un mondo "cinematografico" che prende vita. Sia chiaro, non ci troviamo di fronte a qualcosa di sconvolgente o di mai visto, né quindi di un prodotto che spreme al massimo l'hardware della console di Sony, ma certo il titolo non dà la sensazione di giocare ad un prodotto "vecchio" di una generazione. Una nota a parte lo merita il personaggio di Lara Croft, che inevitabilmente è quello che ha ricevuto le maggiori attenzioni da parte dei grafici. Se il modello poligonale della bella archeologa appare ancora più rifinito e gradevole, ben proporzionato e impreziosito dalla presenza di effetti quali il sudore sulla pelle, il fango che le si attacca addosso o le sporca la faccia, nonché dal naturale movimento dei capelli grazie alla tecnologia TressFX, diverso è il discorso per la conformazione del viso. Non che questi sia brutto, intendiamoci. Pure qui la presenza di un maggior numero di poligoni, di texture più raffinate e di una risoluzione più alta contribuiscono a rendere il volto della ragazza molto realistico. Semplicemente appare differente rispetto a quello visto e apprezzato dai fan nell'originale. Il punto di partenza è sempre quello della modella Megan Farquhar, ma alcuni lineamenti della ragazza sono stati modificati, e questo è andato a incidere poi sulla sua espressività. Per esempio gli occhi un po' più più scuri, la loro linea più tondeggiante e qualche altra rivisitazione del viso, di fatto ne hanno cambiato lo sguardo e in generale l'espressione, rendendola a volte un po' più dura e matura rispetto sempre alla versione PlayStation 3 e Xbox 360. E questo forse stona col personaggio della giovane spaurita che impara a sopravvivere raccontato dalla trama di questo riavvio della serie, e che molti avevano imparato a conoscere e ad amare. Questa sorta di evoluzione poteva probabilmente essere sfruttata per il sequel, visto che lì avremo una Croft più adulta e temprata dalle esperienze vissute sull'isola di Yamatai nel Triangolo del Drago.